IL FARO DI HECETA HEAD,
FLORENCE, OREGON – USA
di Annamaria “Lilla” Mariotti
Lat.: 44° 1’ Nord – Long.: 124° 8‘ Ovest
Heceta Head, un picco roccioso che si innalza dalla costa Nord Occidentale degli Stati Uniti, vicino a Florence, in Oregon, affacciata sul Pacifico, deve il suo nome all’esploratore e navigatore spagnolo Don Bruno de Heceta che navigò lungo questa parte dell’America nel 1775 mente si dirigeva verso Nord in missione segreta per conto dei reali di Spagna. Il suo compito era quello di risalire le coste del Pacifico per arrivare fino al Circolo Polare Artico, fermandosi lungo le coste per erigere croci e reclamare il territorio in nome della Spagna. Quello sperone roccioso fu il punto più a Nord che riuscì a raggiungere, prima di tornare indietro per poter curare i suoi uomini colpiti dallo scorbuto. Fu però solo nel 1862 che quel punto ebbe ufficialmente il nome di Heceta Head.
Già Don Bruno de Heceta aveva annotato sulle sue carte che i fondali in quella zona erano pericolosamente bassi e cosparsi di piccole isole rocciose e di pericolosi scogli affioranti, ma si doveva aspettare il XIX secolo e dovevano verificarsi innumerevoli naufragi prima che venisse presa la decisione di costruire un faro in quella località.
La costa rocciosa di Heceta Head continua sott’acqua verso Ovest, creando una grande minaccia per la navigazione, ma fino alla seconda metà del 1800 nel tratto di mare in quella zona il traffico marittimo era ancora scarso, finché, cominciò la corsa verso la colonizzazione dei terreni dell’Ovest degli Stati Uniti che iniziò a metà del 1800, dopo la fine della Guerra Civile (1861-1865).
Lungo la costa nacquero nuove città e si ampliarono quelle esistenti, si ingrandirono i porti e la navigazione divenne più intensa, con conseguenze talvolta disastrose. Nonostante questo fu solo nel 1888 che il sito fu scelto per la costruzione di un faro, ma al momento sarebbe stato solo per riempire il vuoto tra i fari già esistenti di Capo Arago e Yaquina Head. Sulla costa del Pacifico i fari sono stati costruiti in ritardo rispetto a quelli della costa Atlantica e nel 1858 c’erano solo 16 fari funzionanti lungo la costa dell’Oceano Pacifico.
Il terreno fu finalmente acquistato nel 1889 e la costruzione di questo manufatto iniziò nei primi anni del 1890 dimostrandosi subito un’impresa molto ardua : la roccia si elevava per quasi cinquanta metri sul livello del mare, era in una posizione molto isolata e gli ingegneri del Lighthouse Board dovettero studiare diverse soluzioni per poterlo realizzare.
Prima di tutto si rese necessario creare la base su cui appoggiare il faro e questo fu fatto anche con l’aiuto dell’esplosivo, parte del materiale fu portato via mare, scaricato lungo il fiume Suislaw e portato sulla roccia a dorso di mulo, poi fu costruita una strada sterrata che collegava la zona con Florence, ma questa non era praticabile durante l’inverno, così, di difficoltà in difficoltà, ci vollero più di due anni e una spesa enorme per completare la costruzione del faro, della cisterna per lo stoccaggio dell’olio e del casotto che alloggiava il segnale da nebbia. A una breve distanza dal faro erano state costruite due graziose casette di legno, in stile Regina Anna, una a un piano per il capo guardiano e l’altra a due piani per i suoi due aiutanti.
Il 30 Marzo 1894 la lampada a olio con cinque stoppini fu finalmente accesa dall’allora capo guardiano Andrew Hald, mostrando tutto lo splendore delle sue lenti di Fresnel di prima classe, costruite in Inghilterra, la cui luce era visibile per 21 miglia. Queste lenti sono ancora oggi in uso.
Il faro si trova su una specie di terrazza ricavata su un’alta roccia frastagliata a 45 metri sul mare, è una piccola costruzione bianca con il tetto rosso, a fianco della quale si trova la torre conica di mattoni alta 17 metri, sormontata dalla lanterna di ferro verniciata di verde, con il tetto rosso la cui altezza sul livello del mare raggiunge i 62 metri. E’ costruito in uno stile che veniva chiamato “Spanish Revival”, uno stile coloniale ripreso dai fari che si trovavano sulla costa Atlantica e che verrà poi ancora copiato in altri fari che saranno costruiti in seguito in California all’inizio del XX secolo.
L’interno è in mattoni e dall’ingresso si sale per una scala a semi-chiocciola fino alla lanterna, circondata da un piccolo terrazzino che consente la manutenzione dei vetri dall’esterno. Di lassù si gode una delle più belle viste sull’Oceano Pacifico.
La vita del guardiano del faro di Heceta Head e dei suoi assistenti non deve essere stata facile, si trovavano in un luogo isolato, lontano da tutto e da tutti, tanto che i bambini si radunavano in una stanza dove qualcuno faceva loro scuola, chi non si sa, forse gli stessi genitori. Nel terreno circostante il faro si trova la piccola tomba di una bambina, questo fa pensare ai sacrifici e alle sofferenze che dovettero sopportare quelle persone. Si dice che i primi guardiani non si siano fermati molto, mentre un certo Olaf Hansen rimase a Heceta Head dal 1896 al 1920, con un breve intervallo di due anni dal 1902 al 1904. Quest’uomo eclettico non solo si occupava del faro, ma gestiva anche un piccolo ufficio postale a disposizione degli abitanti della zona e, quando nel 1916 fu costruita una piccola scuola nelle vicinanze, si occupava anche dell’istruzione dei quattordici alunni che la frequentavano.
Nel 1932 le cose cambiarono, quando furono completati i lavori per la costruzione dell’Oregon Coast Highway, l’Autostrada 101, che collegava Florence con Yachats. L’autostrada passava vicino a Heceat Head, collegando finalmente quel luogo isolato alle vicine città. Nel 1934 arrivò anche l’elettricità e l’antico sistema d’ illuminazione fu sostituito con una lampadina, fu anche stabilito che non era più necessaria la presenza di tante persone, quindi il secondo assistente dovette andarsene, il capo guardiano andò ad abitare nella casa a due piani e, per un qualche motivo che non risulta molto chiaro, la casa del capo guardiano fu abbattuta.
Uno dei pochi avvenimenti che movimentarono la vita al faro fu forse quando, durante la seconda guerra mondiale, la Guardia Costiera distaccò 75 uomini per pattugliare quella zona di costa con il compito di avvistare eventuali sommergibili giapponesi. Questi uomini erano stati alloggiati in baracche costruite sul sito della casa abbattuta del capo guardiano.
Nel 1963 la stazione è stata automatizzata, così anche l’ultimo guardiano, Oswald Allik, lasciò il suo posto. La Guardia Costiera continuò a mantenere il faro, che è tuttora funzionante, ma il resto cominciò ad andare in rovina, così, come è già successo per altri terreni circostanti ai fari, anche questo venne preso in consegna dal Servizio Forestale, che ne ha tutt’ora la proprietà.
Nel 1970, però, la casa del guardiano stava andando in rovina e aveva urgente bisogno di un restauro dopo tanta incuria, così nacque il gruppo ”Amici di Heceta House” che si occupò di destinare la casa ad un uso appropriato. Finalmente la casa venne data in affitto al Lane Community College che la usò per ospitare corsi di studio e studenti e nel tempo ne curò il restauro.
Nel 1978 il faro di Heceta Head è stato nominato luogo storico e questo ha assicurato il buon mantenimento di tutta la zona. Da allora la casa a due piani è stata perfettamente restaurata all’esterno con il suo aspetto originale, mentre all’interno una parte è stata restaurata esattamente come era nell’anno della sua costruzione, il 1894, mentre un’altra parte è sta riportata all’aspetto che aveva negli anni intorno al 1930.
Oggi il faro è parte del “Heceta Head State Park” , tutto è stato perfettamente recuperato e la casa del guardiano è gestita da privati che l’hanno trasformata in un comodissimo Bed and Breakfast, molto frequentato, dove pare che servano delle magnifiche prime colazioni.
Questo faro, che non avrebbe dovuto essere mai costruito, nei suoi più di cento anni di vita ha fatto egregiamente il suo lavoro, illuminando un tratto di costa molto pericoloso, salvando migliaia di vite umane e un valore inestimabile in navi, che altrimenti sarebbero andate perdute.
IL FARO DI LIVORNO
Livorno – Italia
di Annamartia “Lilla” Mariotti
Lat.: 43° 32,6` N – Long.: 10° 17,7` E
Si dice abitualmente che il Medioevo è stato un periodo oscuro nella storia ma questo non è completamente vero. In questi secoli cominciarono a fiorire quelle arti che porteranno all’era del Rinascimento: la pittura, la poesia, l’architettura, le bellissime cattedrali gotiche ne sono un esempio. Anche molti fari furono eretti lungo le coste italiane in quell’epoca. Le torri erette dai Romani nelle terre conquistate lungo le coste italiane, francesi e nel sud dell’Inghilterra in quel tempo erano già tutte scomparse, con solo poche eccezioni.
L’Italia non era ancora una nazione unita, era divisa in molti piccoli stati e in ogni città che in cui ci fosse un porto c’era anche il suo faro.
Il faro di Livorno è uno di questi e ha una lunga storia. Lungo le coste esistevano quattro Repubbliche Marinare e Pisa era una di queste. Spesso queste potenze combattevano tra di loro, ma esse avevano anche delle potenti flotte commerciali con le quali si spostavano non solo nel bacino del Mediterraneo ma anche verso i lontani mari orientali da dove riportavano merci preziose.
Pisa non si trova sul mare, essa è costruita sul fiume Arno e per difendere la sua flotta nel XII Secolo aveva costruito un faro a Porto Pisano, un porto chiuso da catene, ma ben presto l’erosione marina e l’insabbiamento resero inutilizzabile sia il porto sia il faro. A questa distruzione aveva contribuito anche la terribile battaglia che Pisa aveva combattuto nel 1284 contro i genovesi tra le secche della Meloria. I Pisani nel frattempo, intorno al 1200, avevano eretto una nuova torre su una di queste pericolose secche, circa quattro miglia al largo della costa, come una sentinella notturna per prevenire i naufragi fra quelle pericolose rocce.
Nel XIV secolo, tra il 1303 e il 1305, la repubblica di Pisa decise di erigere una nuova e più grande torre vicino a quello che allora era solo un piccolo borgo medioevale prevalentemente di pescatori, chiamata prima “Labro”, poi “Liburnus” e alla fine “Livorno”, allora ancora possedimento pisano, su ordine dei Provveditori della Fabbrica Lando Eroli e Jacopo da Peccioli. La torre, chiamata in un primo tempo Fanale dei Pisani, fu costruita su una roccia sovrastante il mare sul lato ovest dell’ingresso di quello che allora era un porto naturale e all’epoca era completamente circondato dal mare. Era un momento di pace tra Pisa, Genova e Firenze e quindi un momento propizio per l’erezione di un monumento che richiedeva tempo e denaro. Un geniale scultore e architetto, Giovanni di Nicola Pisano, venne chiamato per disegnare i piani della torre, che fu in un primo tempo chiamato Fanale Maggiore, e ne seguì la costruzione passo a passo
Rimane un mistero il costo di tale costruzione ma dopo tanti secoli e tante guerre, sia all’epoca che in tempi più recenti, gli antichi documenti non sono più rintracciabili.
Per prima cosa fu costruita una base poligonale con tredici lati e sulla quale fu issata una prima torre che finiva con una terrazza merlata, sopra questa una seconda torre, leggermente più stretta, anch’essa con una terrazza merlata sulla quale poggiava la lanterna. Al piano inferiore della torre più piccola erano sistemati gli alloggi per il guardiano e dei magazzini.
Visto dal basso il faro sembrava composto di due sezioni coniche ma in realtà era costituito da sette cilindri equamente sovrapposti uno sull’altro, con un diametro leggermente decrescente fino alla cima. Questo faceva assumere a tutto l’insieme l’impressione di un andamento curvilineo di grande effetto. Le pietre Verruca utilizzate per tutta la costruzione erano state estratte dalla vicina cava di San Giuliano. Alla base della torre c’era solo una piccola porta d’ingresso sopra la quale era stata scolpita la croce, simbolo di Pisa, che fu in seguito cancellata a rimpiazzata dal giglio fiorentino quando Pisa, nel 1406, fu annessa al dominio dei Granduchi di Toscana, i De’ Medici. All’interno del faro si trovava una scala di legno, per accedere ai vari piani, che in caso di pericolo poteva essere tolta, trasformando così il faro in una fortezza. Solo in tempi più tardi una scala a chiocciola è stata ricavata dallo spessore delle mura. Alla base del faro furono accumulati grossi blocchi di pietra per proteggerlo dal mare in tempesta.
All’inizio la lanterna era illuminata con lampade a olio poi, con il passare del tempo, il combustibile cambiò e venne impiegato petrolio pressurizzato. Nel 1841 furono installate le prime lenti di Fresnel con gas di acetilene a incandescenza finché fu elettrificata alla fine del 1800. Una volta terminata la torre fu considerata una tale grande espressione del genio umano che venne persino ammirata dal grande poeta Dante Alighieri (1265-1321) che non poté fare a meno di descriverla nel V canto del Purgatorio della Divina Commedia con queste parole: “ Sta come torre ferma che non crolla – giammai la cima per soffiar di venti” . Infatti questa lanterna ha affrontato intatta sei tempestosi secoli finché gli uomini non l’hanno sconfitta, ma di questo parleremo più avanti.
Un altro poeta, Francesco Petrarca (130-1374) ha elogiato la grande lanterna nel suo poema “Itinerario Siriaco” come: “validissima, dal cui vertice ogni notte la fiamma indica ai naviganti il più sicuro lido”. Un altro scrittore, Gregorio Dati (1362-1435) nelle sue “Cronache Fiorentine” si riferisce alla torre come :”uno dei migliori lavori mai eseguiti dall’intera Umanità” . Il grande astronomo Galileo Galilei (1564- 1642) usava salire in cima alla torre per portare avanti I suoi esperimenti. Il faro di Livorno è stato anche impresso in alcune monete d’oro ancora conservate al Museo Civico di Pisa.
Il Granduca Cosimo I° de’ Medici, un grande governante, realizzò che Livorno era nella posizione strategica per diventare un importante porto per il commercio nel Mediterraneo per Firenze, una città che stava espandendo i suoi commerci in tutto il mondo conosciuto. Il granduca ordinò allora molti lavori per rendere il porto di Livorno ancora più efficiente mentre il faro diventava un riferimento ancora più importante.
Nel 1583 il Granduca di Toscana, Ferdinando I° de’ Medici – che, come abbiamo già visto, aveva fatto costruire un nuovo faro sulla secca della Meloria – ordinò ulteriori cambiamenti nel porto di Livorno con la costruzione alla base del faro di un cantiere, il primo dell’epoca, e un lazzaretto per i marinai che giungevano dalle coste sia del Mediterraneo, sia dai mari Orientali per evitare il diffondersi di eventuali epidemie. Si dice che l’intero lavoro fu finito in soli cinque giorni, perché vennero messi al lavoro cinquemila uomini tutti insieme. Tutto questo cambiò drasticamente l’aspetto del faro la cui base era ora circondata dalle nuove costruzioni che ancora esistevano ai primi del 1900.
Lo sviluppo del porto andò di pari passo con una nuova pianificazione della città di Livorno il cui piano originale era stato disegnato dall’architetto Bernado Buontalenti (1536–1608) il quale circondò la città con mura di forma pentagonale.
Nel 1587 Ferdinando I° de’ Medici apportò ulteriori modifiche e tramutò il porto di Livorno in porto franco. Con questa innovazione molto vascelli commerciali approdavano allo scalo labronico incrementando enormemente il traffico marittimo. Durante questi secoli Livorno era anche una base militare e dal faro si poteva assistere alla partenza delle galee Medicee che si inoltravano nel Mediterraneo per combattere i pericolosi pirati saraceni che in quei secoli attaccavano e depredavano le coste italiane.
Quando la famiglia de’Medici si estinse nel 1736 in mancanza di un erede legittimo, Livorno aveva già ottenuto la qualifica di città, aveva più di 30.000 abitanti, un grande porto e un grande faro, il più antico d’Italia, più vetusto anche del faro di Genova, costruito nel 1128, ma ricostruito nel 1543.
Nel 1737 il governo della Toscana passò nelle mani dei Duchi di Lorena, il primo dei quali fu il granduca Francesco III il quale creò una reggenza presieduta da Mac de Beauvau, Principe di Craon , compiendo una sola visita nella regione (1739) . Nel 1765 il governo passò nelle mani di Pietro Leopoldo di Lorena (1765-1790) un principe illuminato che apportò molti cambiamenti. Egli aumentò la portata dello scalo livornese, che attraeva navigli da ogni parte del globo conosciuto e divenne un sempre più potente scalo commerciale sia per i beni in transito che per quelli in arrivo, dovuto alla sua sicurezza a cui contribuiva anche la presenza del faro. La dinastia dei Lorena governò per più di un secolo durante il quale Livorno fu occupata dalle truppe francesi e dagli spagnole ma tuttavia città e faro sopravvissero.
Fu solo nel 1860, dopo le guerre di indipendenza, che la storia di Livorno entra a far parte della storia d’Italia, una nuova nazione, appena costituita, e anche il faro entra nell’elenco dei fari Italiani con il numero 1896.
Purtroppo non esistono elenchi degli antichi guardiani del faro, è andato tutto distrutto. Solo nel 1800 abbiamo delle registrazioni delle forniture che venivano effettuate da una ditta appaltatrice per il combustibile, gli stoppini e quant’altro poteva essere necessario per la gestione del faro. Si tratta di fogli formato protocollo scritti a mano, come si usava allora, con una grafia antica, quasi illeggibile, ma che erano importanti per conoscere i costi di gestione che dovevano essere precisi perché andavano presentati alle Autorità che allora gestivano il Servizio Fari, il Genio Civile e il Ministero dei Lavori Pubblici. Fu solo nel 1911 che il Servizio fari passò definitivamente alla Marina Militare.
Ora dobbiamo sorvolare molti secoli e arrivare a un triste momento della nostra storia d’Italia. Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, le truppe Tedesche occupavano il nord d’Italia e le armate Americane stavano arrivando dal sud. Roma era già stata liberata e Firenze lo sarebbe stata presto. Il porto e la città di Livorno erano in mano ai Tedeschi e avevano subito diversi bombardamenti da parte degli Alleati, ma il faro non era stato danneggiato, tuttavia era già stato spento da diverso tempo in quanto poteva essere un importante punto di riferimento per chi volesse sbarcare in quella zona.
Arrivò il momento in cui i Tedeschi decisero di ritirarsi per sfuggire all’attacco della quinta e sesta armata americana che stavano risalendo la penisola ma prima di questo essi arrecarono all’antico faro il più terribile insulto che si potesse arrecare a un monumento così antico: il 19 luglio 1944 con una carica di dinamite distrussero il faro fino alle fondamenta. Il faro di Livorno aveva fronteggiato per secoli mareggiate, venti di tempesta, ogni genere di offesa che poteva essere arrecata dalla natura ma in un attimo un gruppo di uomini aveva cancellato tutto questo.
C’è un episodio che riguarda questo fatto che vale la pena di ricordare, è stato raccontato da Saido Giordani, figlio di Giovanni Giordani, che durante la guerra era guardiano del faro di Livorno. Quest’uomo era in sostanza prigioniero dentro il suo faro che era occupato dai tedeschi e doveva occuparsi delle sue usuali mansioni, anche se non dell’accensione. Giordani sapeva che il faro era stato minato, lui ci dormiva dentro, ma non si sentiva molto tranquillo, non sapeva quando avrebbero dato fuoco alle micce e se lui avrebbe potuto salvarsi. Uno dei militari tedeschi, un sergente di nome Walter, era entrato in amicizia con Gianni, e gli aveva detto che lo avrebbe avvisato quando avrebbero fatto saltare il faro. Un giorno Walter gli consegnò un sacchetto di caramelle per i suoi figli e delle sigarette per suo padre e gli disse che gli concedeva quarantotto ore di licenza per andare a trovare la sua famiglia che si trovava all’Isola d’Elba. A Giovanni non sembrò vero e partì con il primo traghetto che riuscì a trovare e quando tornò due giorni dopo, il faro non c’era più, era un ammasso di macerie e i tedeschi erano fuggiti. Saido racconta che suo padre non ricordava il cognome del sergente, lo aveva sempre chiamato Walter, comunque dopo la guerra fece di tutto per rintracciarlo, sentiva di dovergli la vita ma ogni ricerca fu vana.
La guerra finì, la città iniziò la ricostruzione, ma le rovine del faro non furono mai toccate, vennero lasciate lì dove si
trovavano. I Livornesi sapevano che se le avessero portate via non sarebbe più stato possibile ricostruirlo e loro volevano il loro faro, non uno qualsiasi. Fu così che negli anni ’50, nacque quasi un movimento popolare che chiedeva a gran voce la ricostruzione del faro.
Il Presidente della locale Camera di Commercio e dell’Industria, Graziani, nel 1952 aprì una pubblica sottoscrizione che in breve tempo raggiunse i 2 milioni di lire, una gran somma per quei tempi, e in seguito venne raccolto altro denaro. I lavori cominciarono nel giugno del 1954, dieci anni dopo la distruzione e il lavoro fu eseguito dall’Impresa Ghezzani che, mettendo una gran fede e buona volontà in quello che stavano facendo, seguirono i piani originali di Giovani Pisano del 1303, utilizzando il 90% del materiale originale ricavato dalle macerie e dove mancava usarono pietre verruca scavate dalla stessa cava di San Giuliano da cui erano state ricavate le pietre originali.
In due anni il faro di Livorno era terminato e aveva lo stesso aspetto del faro originale e per la sua apertura ci fu una grande manifestazine pubblica alla quale partecipò anche l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Una targa posta all’interno del faro ricorda questo evento.
Questo è quello che l’amore per un faro e la fede di un gruppo di cittadini può fare.
IL FARO DI SKERRYVORE
ISOLE EBRIDI – SCOZIA
di Annamaria “Lilla” Mariotti
Lat. : 56° 19’ Nord – Long. : 07° 06’ Ovest
Le coste a Ovest di Inghilterra, Scozia e Irlanda, sono esposte alle terribili tempeste dell’Oceano Atlantico e sono molto frastagliate, con profonde baie naturali e circondate da barriere di scogli che vengono sommersi dalle alte maree. Il traffico marittimo è sempre molto intenso in questi mari e il pericolo rappresentato dagli scogli affioranti è grandissimo e molti sono stati i naufragi, di qui la necessità di costruire fari nelle zone più esposte, spesso proprio su questi scogli in mezzo al mare.
A circa 18 chilometri a Sud Ovest dell’isola di Tiree, una delle Ebridi Esterne, lungo la costa a Nord Ovest della Scozia, si trova uno scoglio particolare che è stato scelto, intorno alla prima metà del 1800, per costruirvi un faro per evitare continui naufragi. Questa impresa è stata affidata a uno dei più grandi costruttori di fari in Scozia, Alan Stevenson (1807-1865) che faceva parte della seconda generazione di quella che sarebbe diventata una vera e propria dinastia di costruttori di fari : in tre generazioni questa famiglia ne costruì più di 80. Alan, per suo conto, ne aveva realizzati 12 ed era anche noto per avere perfezionato le lenti di Fresnel. Solo uno dei membri della famiglia non aveva seguito le orme dei suoi consanguinei, Rober Louis Stevenson che divenne uno scrittore, famoso per il suo romanzo “L’isola del tesoro” e molti altri.
Alan Stevenson sbarcò su questo scoglio, che si chiama Skerryvore dal gaelico An Sgeir Mhor (mh si pronuncia “v”) e che significa “grande roccia”, nel Giugno del 1838 insieme ad alcuni operai per organizzare gli alloggi in legno per gli uomini che avrebbero lavorato alla costruzione nella stagione estiva, perché durante l’inverno
era impensabile di poter fare qualsiasi cosa su quello scoglio. Gli uomini lavorarono duramente, quando le condizioni del mare lo permettevano, e finirono a Settembre, ma durante l’inverno le baracche furono spazzate via da una terribile tempesta. Sebbene a questo punto sembrasse impossibile erigere un faro in quelle condizioni, Stevenson fu irremovibile nella sua idea che il progetto poteva andare avanti e il 6 maggio del 1839 sbarcò di nuovo sullo scoglio dove furono innalzate nuove baracche e anche scavate a mano le fondamenta per il faro. Non era stato possibile utilizzare degli esplosivi per la base per non danneggiare lo scoglio e il lavoro procedeva a rilento e in condizioni disastrose, il mare si portava via ogni cosa a ogni mareggiata e ogni volta gli uomini dovevano ricominciare da capo, ma alla fine dell’estate quella parte del lavoro era terminata.
Mentre circa due dozzine di uomini lavoravano a Skerryvore, un gruppo maggiore di uomini era impegnato sull’isola di Mull a scavare il granito necessario per costruire la torre. I blocchi di granito venivano poi spediti sull’Isola Tiree dove erano lavorati e intagliati a coda di rondine in modo che ogni blocco si inserisse perfettamente nell’altro per ottenere un blocco unico e via via venivano inviati a Skerryvore. Nonostante tutte le avversità le baracche furono terminate e a settembre gli uomini lasciarono l’isola.
Il 30 Aprile 1840 gli operai raggiunsero di nuovo lo scoglio dove scoprirono che le tempeste invernali avevano risparmiato le baracche, ripresero i lavori e il 4 Luglio fu posta la prima pietra. Tre giorni più tardi il Duca e la Duchessa di Argyll furno accompagnati sullo scoglio e, dopo una cerimonia, fu posata la prima pietra della torre. Durante quell’estate i lavori proseguirono più velocemente e furono messi in opera 85 blocchi di granito e alla fine della stagione la torre era già alta più di 2 metri. Il 20 Maggio 1841 i lavori continuarono e furono messi in opera altri 37 blocchi. Nel Maggio del 1842 ripresero i lavori e a Luglio venne posta l’ultima pietra in cima alla torre che era arrivata a 41 metri. In tutto erano state usate 4.308 tonnellate di granito.
Nel 1843 Alan Stevenson diventò Capo Ingegnere della Northern Lights e passò al fratello più giovane Thomas l’incarico di terminare Skerryvore e questi, nell’estate del 1843, si occupò di sistemare l’interno del faro, composto da 11 stanze e di sistemare un segnale da nebbia. La lanterna del faro fu accesa per la prima volta il 1° Febbraio 1844. C’erano voluti 6 anni e l’impegno di 150 uomini per realizzarlo. Il faro ha una forma conica, la sua base misura 12,80 metri di diametro, mentre le stanze in alto hanno un diametro di soli 3,60 metri, cosa che lo rendeva molto scomodo per i guardiani che, oltretutto, per passare da un piano all’altro dovevano usare delle scale e pioli. Oggi una scala a chiocciola di 151 gradini sale fino alla lanterna.
I custodi del faro che dovevano affrontare terribili condizioni di vita ricevevano pagamenti supplementari in natura, forse tabacco, wiskey o provviste supplementari, non si sa, e per la posizione remota erano stati assunti alcuni veterani del mestiere. Due nomi si conoscno Archibald McEachern, assistente custode per 14 anni dal 1870 1884 e John Nicol come guardiano principale dal 1890 al 1903. Quest’ultimo effettuò anche un salvataggio nel 1899, quando il piroscafo Labrador si arenò su una vicina roccia, riuscendo a tenere in vita nel faro i naufraghi di una scialuppa fino all’arrivo dei soccorsi.
Il 16 Marzo 1954 un incendio danneggiò la torre, che fu sostituita per un certo periodo da una nave faro. I lavori di ristrutturazione durarono dal 1956 al 1959 quando il faro fu elettrificato con l’installazione di tre generatori a motore diesel e da allora il suo fascio di luce bianca spazza il mare ogni 10 secondi con una portata di 26 miglia. Nel 1972 alla base del faro del faro è stato costruito un eliporto per semplificare il cambio dei guardiani e per rendere più facili le operazioni di manutenzione, con annesso un deposito per il combustibile. Il faro è stato automatizzato nel 1994.
Il faro di Skerryvore rappresenta una delle più belle opere di ingegneria del 1800. Il faro è stato definito dall’Institute of Civil Engineers “the finest combination of mass with elegance to be met within architectural or engineering structures”. (La più bella combinazione di massa con eleganza che si incontra nelle strutture architettoniche o ingegneristiche”).
IL FARO DI BISHOP ROCK
CONTEA DI CORNOVAGLIA – INGHILTERRA
Il faro ricostruito tre volte
di Annamaria “Lilla” Mariotti
Lat. : 49° 52’ Nord – Long. : 6° 26’ Ovest
L’Inghilterra è famosa per i suoi fari in alto mare, il più conosciuto dei quali è sicuramente quello di Eddystone, a Sud di Plymouth.
Le coste inglesi sono formate da coste frastagliate al largo delle quali si trovano barriere di rocce spesso sommerse dall’alta marea ed esposte alla terribile forza delle tempeste dell’Oceano Atlantico che costituiscono un enorme pericolo per la navigazione. Al largo della Cornovaglia, a Ovest delle Isole Scilly, si trova un gruppo di scogli che, nel tempo, avevano provocato diversi naufragi e una roccia in particolare, Bishop Rock, divenne tristemente famosa per il naufragio del 1707, quello della flotta dell’Ammiraglio Sir Cloudesley Shovell in cui annegarono circa 2000 persone, 400 delle quali costituivano l’intero equipaggio della fregata “Romney”. E questo non fu l’unico naufragio nella zona, se ne contano molti altri tra cui, nel 1784, quello della nave Nancy proveniente dall’india e su cui viaggiava una famosa cantante Ann Brown Cargill che tornava in patria dopo un periodo trascorso nella colonia.
Lo scoglio di Bishop Rock è noto in gaelico come Men an Eskob che significa scoglio del vescovo. L’origine del nome è sconosciuta, ma pare sia stata chiamata così perché ha la forma della mitria di un vescovo.
Sull’Isola di Sant’Agnes, poco distante, esisteva già un piccolo faro fin dal 1680 che si era dimostrato insufficiente a coprire tutta quella zona, così la Trinity House prese la decisione di costruirne uno su uno scoglio più occidentale, Bishop Rock. Questa roccia è lunga solo 46 metri e larga 16, sembrava un’impresa impossibile costruirci sopra qualcosa, e lo stesso ingegnere capo di Trinity House, James Walker, incaricato di eseguire i lavori, si dimostrò subito contrario a costruire un faro in pietra su uno scoglio così piccolo sul quale si riversavano non meno di 30 tempeste in un anno, secondo una stima del tempo, e che non avrebbe resistito all’assalto dei forti venti.
Nel 1847, James Walker ottenne uno stanziamento di 12,500 sterline, e così iniziarono i lavori per la costruzione di un faro in ghisa, una specie di grande tubo, ancorato alla roccia da sei piloni, sempre in ghisa, che, secondo il progettista, avrebbero offerto meno resistenza alle ondate di una costruzione in pietra. I lavori terminarono nel 1849, la torre, alta 36 metri era completata, mancava solo la lanterna che sarebbe stata installata in un secondo momento, ma la notte del 5 Febbraio 1850 una tempesta di una forza incredibile, che provocò danni anche alle Isole Scilly, distrusse completamente la struttura. E questo è solo il primo di una serie di tre fari che furono costruiti su quella roccia maledetta.
James Walker, che stava lavorando con la supervisione di Nicholas Douglass, Ingegnere della Trinity House, assistito prima da suo figlio James e in seguito dall’altro figlio, William, un’intera dinastia di architetti inglesi costruttori di fari, non si diede per vinto e si rese conto che Bishop Rock II doveva essere costruito con la tecnica già usata da Smeaton per il faro di Eddystone e che la base doveva essere costruita al di sotto della bassa marea primaverile. Trovò un punto della roccia abbastanza piatto dove pose la base del faro. Questa zona però era sempre sommersa dall’acqua, e per consentire agli uomini di lavorare all’asciutto venne costruito un muro di contenimento da cui l’acqua era pompata fuori in continuazione. Per gli operai addetti alla costruzione furono erette delle baracche di pietra sul vicino scoglio di Rosevear, dal quale potevano controllare le condizioni del mare e in cui rifugiarsi.
Era un lavoro massacrante, difficile e lento. I massi di granito, del peso di uno o due
tonnellate ciascuno, venivano tagliati di rondine e assemblati sulla terraferma, incastrati uno nell’altro in modo da formare una massa unica, poi erano numerati ed inviati sulla roccia dove venivano collocati nella giusta posizione. Ci vollero 2,500 tonnellate di granito e un costo di 34,560 sterline per completare, dopo sette anni, il faro alto 35 metri. La lanterna fu accesa per la prima volta il 1° Settembre 1858. Il principe consorte Alberto di Coburgo Gotha, marito della Regina Vittoria, durante un discorso, lodò quest’opera come un trionfo della tecnica e della tenacia.
Certo era stato così, ma anche questa seconda torre doveva avere vita breve. Poco dopo l’inaugurazione un’ondata altissima portò via il corno da nebbia che si trovava ad un’altezza di 30 metri, in seguito, il 20 Aprile 1874, ondate di almeno 35 metri di abbatterono sulla torre, che ondeggiò pericolosamente, tanto che i guardiani temettero in un disastro. Con il tempo la struttura si dimostrò instabile, i prismi delle lenti si rompevano a causa dei movimenti della torre e anche le fondamenta cominciarono a cedere.
Nel 1881 Sir James Douglass, figlio dell’ingegnere Nicholas, progettò dei lavori di consolidamento rivoluzionari : decise di costruire una nuova struttura più solida intorno a quella già esistente e più alta di 12 metri. Il 25 Maggio 1883 suo figlio, William, iniziò i lavori, potenziò le fondamenta con la costruzione intorno alla base di un alto muraglione di granito sprofondato nella roccia e ancorato con del solidi bulloni. I lavori per la posa in opera della nuova torre procedevano mentre la vecchia continuava a mandare la sua luce e i nuovi blocchi di granito venivano messi in opera per mezzo di corde perché non era possibile costruire un’impalcatura. Il faro arrivò a dieci piani, gli alloggi dei guardiani erano stati sistemati al sesto e settitmo piano, mentre le stanze degli altri piani erano adibite a magazzini e stanze di servizio.
Alla fine dei lavori il faro pesava 5.720 tonnellate, la torre era alta 44 metri e il suo costo finale è stato di 66,000 sterline.
Bishop Rock III è stato acceso il 25 Ottobre 1887, ancora oggi resiste alle terribili tempeste dell’Atlantico e la sua luce continua a guidare le navi in arrivo verso la Gran Bretagna.
Il faro è stato elettrificato nel 1973, automatizzato nel 1991 e non è più abitato dal 1992, e al di sopra della lanterna, come in altri fari inglesi, oggi si trova un eliporto dove atterrano i tecnici addetti alla periodica manutenzione.
IL FARO DI KEREON,
OUESSANT, BRETAGNA – FRANCIA
di Annamaria “Lilla” Mariotti
Lat. 48° 26’ Nord – Long. 5° 01’ Ovest
In confronto ai fari inglesi, torri sobrie e semplici, quasi tutte uguali, i fari francesi sono dei castelli fiabeschi, costruiti con forme e modalità diverse uno dall’altro, con stili che variano dal medioevale, al gotico, all’art deco, quasi che la fantasia dei loro ingegneri abbia voluto ispirarsi ai tempi passati pensando più al fattore estetico che all’uso a cui erano destinati. Un esempio è rappresentato dal faro di Kéréon che fu costruito grazie a una donazione privata ed è stato l’ultimo faro costruito in mezzo al mare in Francia.
Madame Jules Lebady, la pronipote di un nobile ufficiale di marina francese, Charles Marie La Dall de Kéréon, ghigliottinato a soli diciannove anni nel 1794 durante la Rivoluzione Francese, donò, nel 1910, la somma di 585.000 franchi per la costruzione di un faro che portasse il nome del suo antenato. Una lapide commemorativa posta sulla parete della costruzione ricorda questo fatto e riporta anche le ultime parole scritte dal giovane ufficiale a suo padre «Le crime fait la honte et non pas l’échafaud. Je meurs innocent» («Il crimine dà disonore e non il patibolo. Io muoio innocente»)
In Francia molti altri fari sono stati costruiti nel tempo con donazioni private, perché, contrariamente ad altri Paesi, in questa nazione non c’è mai stato l’uso di far pagare alle navi una tassa per l’ingresso nei porti che veniva poi usata per il mantenimento dei fari, questo avviene tramite le normali tasse pagate dai cittadini e quindi i fondi per la costruzione dei fari potevano scarseggiare.
La torre è stata costruita su uno scoglio nel canale di Fromveur tra le isole di Ouessant e Molène, su una roccia chiamata Men-
Tensel “la roccia arcigna” al largo della Bretagna, il cui nome la dice lunga sulla sua reputazione. I lavori, come per tutti gli altri fari in alto mare, sono stati lunghi e portati avanti con grandi disagi e difficoltà. L’ingegnere che dirigeva i lavori rischiò di annegare, così come altri uomini, ma sono andati avanti e nonostante lo scoppio della guerra nel 1914, la torre, alta 41 metri è stata completata e accesa il 25 Ottobre 1916. Il funzionamento era a petrolio, fino all’elettrificazione tramite un sistema eolico, avvenuta nel 1972.
Il risultato è stato un faro imponente, una torre che si innalza da un base quadrata, spesso sommersa dal mare, grandi finestre, una sopra l’altra, si aprono lungo la sua altezza, che culmina in una terrazza rotonda sporgente, sorretta da contrafforti in pietra che si ispirano vagamente all’architettura medioevale circondata da un muro che regge la grande lanterna in ferro dipinta di bianco. Questa lanterna lancia un lampo bianco ogni 5 secondi e ha un settore rosso di 131° compreso nella rotazione che a 248° e a 190° indica pericolo.
La donazione fatta era stata così generosa che non solo consentì la costruzione del faro, ma permise anche di curarne l’interno come mai era stato fatto prima.
Dall’ampio ingresso si sale per una scala a chiocciola raggiungendo prima la cucina chiara e spaziosa, poi le ampie stanze dei guardiani e infine, in alto, al quarto piano, si apre il grande, bellissimo salone d’onore. Questa stanza rotonda ha un diametro di sei metri, le pareti sono in boiserie di quercia di Ungheria, con una rosa dei venti scolpita al centro del pavimento, realizzata in ebano e mogano, una bellezza persa in mezzo al mare.
La stanza è dominata da una gigantesca scrivania alla quale i guardiani si sedevano due volte al giorno per compilare il loro rapporto giornaliero e per mettersi in contatto con il Servizio fari di Brest. Tutte le stanze sono fastose, gli interni sono in legno, i letti dei guardiani sono, alla moda bretone, delle cuccette ricavate all’interno della parete, qualcuna anche con delle ante che si possono chiudere, per lasciare fuori l’urlo del vento ed il ruggire delle onde.
Certo, il portare tutto l’arredamento nel faro non è stato facile, ogni pezzo ha dovuto essere trasportato via mare e sollevato per mezzo di argani, ma la fatica non è stata inutile per creare questo “Palazzo” i cui guardiani sono visti con una certa invidia dai loro colleghi che lavorano in altri fari in mezzo al mare per il confort in cui vivono. Solo al momento dell’avvicendamento questa differenza non esisteva più : su questo scoglio non esiste un approdo per le barche così questa operazione diventa molto pericolosa, gli uomini si calano tramite una rudimentale teleferica sospesa su un mare sempre agitato e percorso da forti correnti.
Quello di Kéréon è stato l’ultimo faro abitato in Francia, nel Gennaio 2004 i guardiani lo hanno lasciato per sempre, scendendo giù per il cavo, come avevano sempre fatto, per raggiungere la barca che li ha raccolti. L’automatizzazione ha preso il loro posto, il faro sarà controllato a distanza, come è già successo per altri, da un centro installato nel faro di Créac’h sull’isola di Ouessant, uno dei 23 fari che si trovano a Finistère, da dove vengono controllati molti altri fari.
Dietro di loro resterà tutta quella bellezza e quell’eleganza che ha superato le più terribile tempeste Atlantiche e la targa commemorativa fatta installare dalla donatrice.
IL FARO DI LONGSHIP
CORNOVAGLIA – INGHILTERRA
di Annamaria “Lilla” Mariotti
Lat. : 50° 04’ Nord – Long. : 05° 44’ Ovest
Lungo la costa Sud Occidentale dell’Inghilterra, al largo della Cornovaglia, si trova un gruppo di piccole isole, le Scilly, e su quella più a sud, Saint Agnes, si trovava già un faro fino dal 1680. Questo però non era assolutamente sufficiente perché tutto intorno alle isole e verso la costa si eleva una barriera di scogli, spesso sommersa dall’alta marea, una trappola mortale per le imbarcazioni dirette sia e Nord Ovest che a Sud della Gran Bretagna e che venivano anche spesso depredate dai pirati dopo essere naufragate.
Le coste Europee del Nord Atlantico sono state tra le prime essere illuminate dai fari, anche perché questo costituiva spesso una notevole fonte di guadagno per chi li gestiva dato che questo li autorizzava a riscuotere dei diritti da tutte la navi di passaggio, infatti in questa zona, con il tempo, si contarono ben 8 grandi fari in un raggio di 80 Km.
Il faro di Longship si trova sullo scoglio di Carn Bras, il più grande di questa barriera che viene chiamata Longship Rocks, la sua cima si eleva 12 metri al disopra dell’alta marea e si trova 1,25 miglia al largo di Land’s End in Cornovaglia, il punto più a Sud-Ovest della Gran Bretagna, e per questo è stato scelto come punto ideale per la collocazione di un faro.
Una prima torre alta 24 metri era stata costruita nel 1795 da Henry Smith, che l’aveva avuta in affitto dalla Trinità House per 50 anni, e che l’aveva attivata il 29 settembre di quello stesso anno, ma, ma ben presto Henry Smith fu ritenuto “incapace di gestire il compito” e la Trinity House rilevò la gestione del faro concedendone i profitti alla famiglia Smith. Il faro funzionava con una lampada a olio a luce fissa e rimase in uso per 75 anni, ma la sua luce non era molto visibile, era spesso sommerso dalla marea e subì molti danni, venne quindi deciso di costruire sullo stesso scoglio una torre più alta e più robusta.
Nel 1870 venne incaricato l’ingegnere Sir James Douglass (1831-1923), che faceva parte dell’ormai famosa dinastia di architetti di fari e già costruttore di altri fari, di progettare una nuova torre e nel 1875 Longship II era terminato. Non era stato un compito facile, era possibile lavorare solo poche ore e nella buona stagione su quello scoglio sperduto e il materiale veniva lavorato a terra e trasportato via mare. Prima di tutto era stato costruito un basamento su cui appoggiare la torre e naturalmente a quel tempo non esistevano gli strumenti che sono oggi a disposizione e tutto doveva essere fatto a forza di braccia, con l’aiuto di attrezzature pesanti e difficili da trasportare. I blocchi di pietra necessari per erigere la torre venivano tagliati uno per uno sulla terraferma e conformati in modo da adattarsi perfettamente l’uno all’altro, erano tagliati a coda di rondine per potersi incastrare e formare un blocco unico, poi erano imbarcati su speciali natanti forniti di rulli sui quali venivano fatte scorrere le pietre e trasportati sullo scoglio dove venivano sbarcati per mezzo di una gru e quindi posizionati al loro posto. Alla fine nonostante le difficoltà il faro fu acceso nel mese di dicembre 1873.
I fari costruiti sulla roccia hanno un basso centro di gravità e perché ne fosse assicurata la stabilità era necessario che la loro altezza non superasse di tre volte e mezzo il diametro della base. Questa torre misurava 35 metri di altezza, la lanterna corredata da lenti di Fresnel era alimentata da una lampada a vapori pressurizzati, e lanciava un lampo bianco ogni cinque secondi, seguito da un lampo rosso e la sua portata arrivava a 18 miglia.
Per rispettare le regole di costruzione la torre alla fine risultò molto stretta, le stanze, rotonde, avevano un diametro che non arrivava a 2,5 metri e in questo spazio era inclusa la scala che portava alla lanterna, per cui vivere dentro il faro di Longship doveva essere come vivere dentro una canna fumaria, e questo rendeva la vita all’interno quasi impossibile. Per di più l’avvicendamento dei guardiani che vivevano in questi fari su scogli lontano da riva era reso difficile sia dalla stessa collocazione che dalle condizioni del mare. Normalmente metà degli uomini venivano rilevati una volta al mese, per cui alcuni restavano due mesi nel faro e un mese fuori. Anche il cambio era difficoltoso : una barca si avvicinava allo scoglio e l’uomo che doveva entrare in servizio veniva sollevato con una gru maneggiata dagli uomini dentro il faro, e lo stesso succedeva per quello che doveva scendere, poi venivano fatte salire le provviste e la gru era riportata all’interno per proteggerla dagli assalti del mare. Naturalmente non esistevano i frigoriferi, per cui le provviste consistevano in cibi secchi o salati. Per tutte queste difficoltà il faro di Longship è stato uno dei primi a essere automatizzato e dal 1967 non ci sono più guardiani. Il faro è controllato a distanza dalla centrale operativa della Trinity House.
Dura la vita del guardiano del faro in quelle condizioni, questo marinaio con i piedi per terra, tra cielo e mare, prigioniero e custode di quella torre che doveva salvare la vita a chi navigava in quelle infide acque.
Questo è uno dei più impressionanti fari inglesi, si trova subito dopo quello di Bishop Rock navigando verso Liverpool. Il suo aspetto è imponente : è una torre scura, con delle piccole finestre sulla parte alta e al di sopra del terrazzino che circonda la lanterna poggia una grande piattaforma rotonda, l’eliporto, di cui sono ora dotati molti fari inglesi d’alto mare per le periodiche ispezioni da parte dei tecnici che ne curano la manutenzione.
IL FARO DI PORTLAND HEAD
PORTLAND, MAINE – U.S.A.
Testo e foto di Annamaria “Lilla” Mariotti
Lat. : 43° 37’ Nord – Long. : 70° 13’ Ovest
Un faro dal fascino inconfondibile, tanto che sono tornata a trovarlo più di una volta, nel 1993 e nel 2010, sempre una bella visione, rosso e bianco, ben curato. La sua forma caratterstica è diversa da quella di molti altri fari e anche la sua storia è particolare.
Nel 1700 lo stato del Maine faceva ancor parte del Massachusetts e fu solo nel 1786, dopo la Rivoluzione Americana, che venne fatta la prima richiesta per la costruzione di un faro all’ingresso del porto di Portland, che allora si chiamava Falmouth, nella zona di Cape Elisabeth, uno dei più trafficati d’America. La costruzione iniziò solo nel 1787 subito dopo che si era verificato un terribile naufragio su quelle rocce infide, ma il lavoro fu presto interrotto per mancanza di fondi.
Nel 1789, divenne presidente degli Stati Uniti George Washington e su sua istanza il Congresso autorizzò la ripresa della costruzione con uno stanziamento di $1.500. Questi fondi non erano ancora sufficienti e i lavori furono eseguiti con una certa economia per cui la torre originale poteva raggiungere solo l’altezza di 17 metri. Fu ben presto chiaro che la luce a quell’altezza non sarebbe stata abbastanza visibile, così la torre fu rialzata e a lavori finiti il faro raggiungeva i 22 metri. Il faro fu acceso per la prima volta il 10 Gennaio 1791 e la lanterna era illuminata da 16 lampade alimentate con olio di balena.
Il primo Guardiano del Faro di Portland, un veterano della Rivoluzione Americana, di cui non si conosce il nome, fu incaricato dal Presidente in persona. Quest’uomo non percepiva uno stipendio, ma aveva il permesso di abitare nella casa adiacente il faro, di pescare e di piantare ortaggi per la sua sussistenza.
Un faro così antico ha una lunga storia da raccontare, già nel 1810 si trovava in cattive condizioni, così furono fatte riparazioni e apportate modifiche. Nel 1813 furono installate nella lanterna le lenti di Winslow Lewis, un discusso capitano marittimo che aveva applicato ai fari americani il sistema già usato nei fari europei, prendendo spunto dalle lenti di Fresnel, praticamente copiandole con qualche piccola modifica.
In questi anni un frequente visitatore del faro era il poeta Henry Wadsworth Longfellow, nativo di Portland, che andava a trovare il suo amico farista e che scrisse la sua poesia “The Lighthouse” seduto su una roccia alla base della costruzione. Una targa ricorda ancora oggi questo avvenimento.
Sembrava che questo faro non avesse pace, altre lanterne di foggia e luce diversa furono installate nel 1850 e nel 1855, la torre fu ricoperta con mattoni e venne installata una scala a chiocciola di metallo all’interno.
Il naufragio della nave inglese “Bohemia” che trasportava emigranti in Inghilterra, avvenuto nel 1864 e la guerra Civile Americana che rendeva necessario poter vedere il faro del porto di Portland mentre ci si avvicinava fece decidere l’anno dopo di alzare la torre di altri 6 metri e inoltre vennero installate le lenti di Fresnel di quarto ordine. Ma anche questa luce non era sufficiente e nel 1885 la torre fu ancora rialzata e le lenti furono sostituite con lenti di Fresnel di secondo ordine. La casa del guardiano che si vede attualmente fu costruita nel 1891 in sostituzione della precedente, troppo angusta per ospitare il guardiano e la sua famglia.
Nel 1869 divenne Guardiano del faro Joshua Strout, già capitano marittimo e nativo di Cape Elisabeth, una vicina città, che diede inizio ad una dinastia di guardiani del faro che sarebbe durata per 59 anni, fino al 1928.
Durante questo periodo avvenne uno dei più strani naufragi della storia della marineria : la vigilia di Natale del 1886 il tre alberi “Annie C. Macguire” si schiantò contro le rocce sotto Portland Head. Joshua, suo figlio e la moglie, con l’aiuto di alcuni volontari, posarono una semplice scala tra la riva e l’imbarcazio
ne, riuscendo così a salvare il capitano, sua moglie, gli ufficiali e tutti i membri dell’equipaggio. Nessuno seppe mai spiegarsi come questo fosse successo perché, nonostante la stagione invernale, la visibilità era ottima e il mare calmo. Il veliero rimase lì, appoggiato agli scogli, ma il giorno di Capodanno del 1887 una tempesta lo distrusse completamente, dopo che fortunatamente tutti gli oggetti di valore erano stati salvati. Anche di questo avvenimento rimane un ricordo ai giorni nostri : una scritta sulla roccia alla base del faro dice: “Annie C. Maguire, wrecked here, December 24, 1886.”. Questa scritta viene costantemente rinnovata perché non si perda la memoria dell’avenimento.
La torre subì molte altre modifiche, i 6 metri aggiunti alla torre nel 1865, furono rimossi nel 1882, poi la torre fu di nuovo rialzata di 6 metri entro un anno, comunque oggi la sua altezza si è fermata a 24 metri. L’elettricità è arrivata al faro nel 1929 e la sua luce fu spenta per tre anni durante la seconda guerra mondiale
Dopo queste ultime modifiche poco è cambiato fino al 1989 quando il faro è stato automatizzato. Nel 1990 la proprietà in cui si trova il faro passò in affitto alla città di Cape Elisabeth, alla quale fu poi donata tre anni dopo grazie al Senatore George Mitchell. Oggi la Guardia Costiera gestisce sempre il faro e il segnale da nebbia, ma tutto il resto è gestito dalla città di Cape Elisabeth e iscritto nel registro dei luoghi storici.
Il luogo dove il poeta Longfellow scrisse un giorno la sua poesia è oggi uno dei luoghi più frequentati e fotografati d’America. Il faro si trova all’interno del Fort Williams Park e arrivando si ha la vista di uno dei più vecchi fari esistenti nel Nuovo Continente, con la sua torre conica bianca, come la casa del guardiano a due piani, posta di fianco, i tetti sono rossi e la lanterna in ferro è dipinta di nero, una vista indimenticabile.
Dal 1992 la casa del guardiano è stata adibita a museo e negozio di souvenirs e si può girare per sue stanze, poi salire per la scala a chiocciola della torre, fino alla lanterna, il faro rimane un testimone silenzioso da più di 200 anni di tutto quello che è avvenuto ai suoi piedi.
FARO DI CAPE LOOKOUT,
NORTH CAROLINA- USA
Testo e foto di Annamaria “Lilla” Mariotti
Lat. : 34° 36′ 19″ Nord – Long. 76° 32′ 11″ Ovest
Chi mi conosce sa che a me piace viaggiare e andare a caccia di fari, durante questi viaggi ne ho incontrati molti e ho avuto modo di raccogliere le loro storie e le loro leggende.
Uno dei miei fari preferiti si trova sulla parte meridionale di una lunga striscia di sabbia che costeggia il North Carolina, sulla costa Sud Orientale degli Stati Uniti, e che viene chiamata Outer Banks, dove al sabbia si alterna al mare formando delle lagune spesso sormontate da ponti. Qui si trova il Faro di Cape Lookout, che è raggiungibile solo in barca e io vado a trovarlo molto spesso.
L’ultima volta è stato nell’Ottobre del 2014 mentre mi trovavo a soggiornare in quella zona e nonostante le condizioni meteo non proprio favorevoli un pomeriggio siamo saliti in barca alla Marina di Marshallberg e ci siamo avventurati sotto una pioggerellina quasi estiva. Quando siamo arrivati il Faro ci ha accolto con i suoi lampi di luce dato che la sua caratteristica è proprio questa : rimane acceso giorno e notte. Come sempre è stato come ritrovare un vecchio amico e ho ripensato a tutte le volte che ho passeggiato sulla spiaggia che si estende ai suoi piedi, raccogliendo conchiglie o rotolandomi nelle onde dell’Oceano. Il Faro fa parte del Cape Lookout National Seashore istituito nel 1976 e che si estende per 56 miglia lungo le isole sabbiose.
La storia di questo Faro è lunga e si perde nel tempo. La sua costruzione risale al 1859 e, come in molti altri casi, è la seconda torre costruita in questo luogo. Lungo gli Outer Banks si trovano cinque Fari : Currituck, Bodie Island, Cape Hatteras, Ocracoke, sull’omonima isola, e Cape Lookout. Ocracoke è considerato un fanale portuale e ha una luce meno potente, mentre gli altri sono tutti Fari di prima categoria e sono collocati a circa 40 miglia di distanza uno dall’altro in modo che le navi appena perdono di vista un faro ne avvistano subito un altro. Questa distanza era stata scelta volutamente perché lungo la costa si trovano dei pericolosissimi banchi di sabbia sempre in movimento e queste luci aiutano i naviganti a evitarli.
La costruzione della prima torre fu completata e attivata nel 1812 dopo otto anni di lavori con un costo di oltre 20,000 dollari stanziati dal Congresso nel 1804. Era una torre cilindrica alta 29 metri, tutta in mattoni, rivestita da una struttura esagonale in legno dipinta a strisce orizzontali bianche e rosse. Questo faro diede dei problemi fin dall’inizio, la luce era troppo debole e poteva essere vista solo fino a 9 miglia, e anche l’installazione di nuove lampade nel 1815 non migliorò la situazione. Si rendeva necessaria la costruzione di un nuovo faro.
Nel 1857 il Congresso degli Stati Uniti stanziò 45,000 dollari per un nuovo faro che fu completato e attivato nel 1859. Si erano resi conto che la costruzione di un faro a basso costo non era la scelta migliore. La lanterna fu dotata di lenti di Fresnel di 1° ordine che emettevano una luce visibile fino a 19 miglia. il nuovo Faro di Cape Lookout fu costruito per durare nel tempo.
Nel 1861 il North Carolina entrò a far parte della Confederazione del Sud e questo portò a rimuovere tutte le lenti dai fari costieri per non agevolare le forze dell’Unione del Nord nella navigazione costiera. Quando le forze dell’Unione occuparono il North Crolina nel faro vennero installate lenti di Fresnel di terzo ordine. Nel 1864 le truppe confederate fecero un tentativo di far saltare il faro, tentativo che non ebbe successo, tuttavia danneggiò la scala interna di ferro. Alla fine della guerra, nel 1865, le lenti smontate dai fari del North Carolina vennero ritrovate e le lenti di Fresnel di 1° ordine originali tornarono nel faro di Cape Lookout.
La torre cilindrica è costruita in mattoni, è alta circa 50 metri, la base ha un diametro di 8 metri e mezzo e lo spessore del muro alla base è di quasi tre metri. All’interno era stata installata provvisoriaemente una scala di legno che fu però sostituita con una scala di ferro nel 1867. Questo faro, per le sue caratteristiche, è diventato in seguito il modello per la costruzione degli altri Fari sugli Outer Banks. Tuttavia, anch’esso aveva un difetto : durante la costruzione non era stato considerato l’ancoraggio della scala al muro interno, con il risultato che la scala è sempre stato il punto debole del faro ed è il motivo per cui una volta non era aperto al pubblico.
In seguito sorse un altro problema, i quattro fari degli Outer Banks erano così simili che i marinai non potevano distinguerli uno dall’altro durante il giorno, così, nel 1873 fu disegnato uno schema per differenziarli : il Faro di Currituck non fu dipinto, fu lasciato in mattoni rossi, il Faro di Bodie Island ebbe delle bande orizzontali bianche e nere, il Faro di Capo Hatteras fu dipinto a strisce bianche e nere a spirale e il Faro di Cape Lookout ottenne il glorioso aspetto che ha oggi: il disegno a rombi bianchi e neri. Questo segno distintivo non è solo il modo per distinguerlo dagli altri fari, i rombi neri sono orientati nella direzione Nord/Sud, mentre quelli bianchi sono orientati verso Est/Ovest, questo dà ai naviganti un ulteriore segnale per trovare un sicuro ancoraggio in caso di condizioni del mare sfavorevoli: il lato della torre con i rombi bianchi mostra dove l’ancoraggio è più sicuro.
Naturalmente all’inizio le lampade usate nel Faro di Cape Lookout subirono cambiamenti con l’avanzare della tecnologia. Le lampade Argan a riflettore parabolico furono sostituiti nel tempo da una lampada a vapore di olio incandescente finché nel 1933 arrivò l’elettricità e nel 1950 il Faro fu automatizzato. Ora è equipaggiato con due lampade da 1000 watt, ognuna delle quali produce 800,000 candele di potenza la cui luce può essere vista fino a 20 miglia. La luce appare con un breve lampo ogni 15 secondi.
Anche questo bellissimo Faro ci ha raccontato la sua storia, che, come quella di molti altri, comincia tanto tempo fa e prosegue nel tempo fino ai giorni nostri. Ma se potesse parlare, il Faro di Cape Lookout cosa ci racconterebbe ancora ? Storie di naufragi, di navi in pericolo, di tempeste terribili che squassano l’Oceano ai suoi piedi, di guardiani coraggiosi, di salvataggi eroici. Io, a parte quella giornata di pioggerellina, ho sempre visto il Capo in splendide giornate di sole, ma non è difficile immaginare cosa può succedere in quel particolare angolo di mare quando gli elementi si scatenano. Non per niente quella zona viene chiamata “Il Cimitero dell’Atlantico” a causa dei molti naufragi che si sono verificati nel tempo, sino dall’epoca della vela.
Così guardo il Faro silenzioso, lo saluto e gli do appuntamento per la prossima volta, sperando che abbia ancora in serbo qualche sorpresa per me e che, magari, si decida ancora a raccontare.
IL FARO DI BODIE ISLAND
NAGS HEAD, NORTH CAROLINA, USA
Testo e foto di Annamaria “Lilla” Mariotti
Lat. 35°57’ Nord – Long. 75°37’ Ovest
Lungo le coste del North Carolina, nel Sud degli Stati Uniti, si snoda una barriera di sabbia di notevoli dimensioni, chiamata Outer Banks, o Banchi Esterni, che parte dalla costa Sud della Virginia ed arriva fino al South Carolina, dividendo la bassa costa sabbiosa dall’Atlantico. Questa barriera non è continua, una serie di aperture, o inlets, percorribili con dei ponti, permettono lo scambio tra le acque all’interno con quelle dell’Oceano, formando un mare interno molto pescoso e cosparso di piccole isole.
La necessità di costruire fari su questo tratto di costa si presentò molto presto e, data la conformazione del terreno, l’unica possibilità era quella di costruire delle alte torri il più vicino possibile al mare. Nel 1803 era stato costruito in quella zona il primo faro di Capo Hatteras, ma non era sufficiente, dato che il più vicino faro verso Nord era quello di Cape Henry a Viriginia Beach perciò, nel 1837 il Governo Federale inviò un ufficiale di Marina, Napoleon Coste, ad esaminare la zona per trovare il sito più adatto per la costruzione di un faro. L’ufficiale identificò il posto un poco più a Nord di Capo Hatteras, a Bodie Island, considerandolo a una giusta distanza dal primo. Come è già successo per molti altri fari, quello che noi possiamo vedere oggi a Bodie Island è in effetti il terzo costruito in quella zona.
Nel 1803 il Congresso degli Stati Uniti stabilì quindi di erigere un faro nella località scelta, ma la realizzazione fu ritardata per la difficoltà di acquisire da privati i terreni necessari e solo nel 1847 il faro fu costruito. Il progetto era stato affidato a un ingegnere di provata capacità Francis Gibbons, ma chi eseguì i lavori, un certo Thomas Blount, non tenne conto della qualità del terreno sabbioso e la torre, alta 16 metri, cominciò quasi subito a inclinarsi. Nonostante diversi lavori di consolidamento, il faro dovette essere abbandonato nel 1859. Nello stesso anno un altro faro fu costruito nelle vicinanze, usando tecniche più avanzate, e la torre alta 24 metri che montava nella lanterna lenti di Fresnel, si dimostrò subito molto più solida della prima.
Ma un’altra minaccia sovrastava questo nuovo manufatto, la Guerra Civile, che iniziò nel 1861. I Confederati del Sud, temendo che gli Unionisti del Nord potessero trarre vantaggio dalla luce del faro per i loro spostamenti in mare, lo spensero e lo utilizzarono come torre di avvistamento. Tuttavia, nel 1861, i Nordisti occuparono gli Outer Banks e i Sudisti in ritirata distrussero il faro, per non consegnarlo al nemico.
Alla fine della Guerra Civile, nel 1865, quella zona di mare rimase di nuovo al buio per diversi anni. Il Lighthouse Board, l’ente preposto alla costruzione e alla manutenzione dei fari a quell’epoca, era molto perplesso se costruire o meno un altro faro, ma furono ricevute molte petizioni da parte di comandanti di navi che si trovavano a dover navigare in quelle acque pericolose, così fu presa la decisione di costruirnre uno nuovo. I lavori cominciarono solo nel 1871 e la nuova torre fu collocata un po’ più a Nord di quella precedente. Il terreno necessario venne acquistato dal Governo per 150,00 dollari da un certo John Etheridge. I lavori procedettero a rilento, utilizzando in parte alcuni materiali che venivano usati contemporaneamente per la costruzione del faro di Capo Hatteras, mentre i mattoni e le pietre furono acquistati a Baltimora ed il ferro necessario da una fonderia di New York. Finalmente il 1° Ottobre 1872 la lanterna del terzo faro di Bodie Island, alto 47 metri con 216 scalini, fu illuminata con della magnifiche lenti di Fresnel che avevano una portata di 19 miglia. Questo è il faro che possiamo ammirare ancora oggi. La sua colorazione a bande bianche e nere serve, come per altri fari, a renderlo riconoscibile anche di giorno. Questa è una particolarità che distingue tutti i fari, non ce ne sono due uguali e se c’è qualche somiglianza, essa è solo apparente, perché il disegno può essere simile a quello di un altro faro, ma mai uguale.
All’inizio alcune difficoltà rappresentate da stormi di uccelli che andavano a sbattere contro la lanterna e, soprattutto, dai fulmini durante le terribili tempeste in riva all’Oceano, furono superate con l’installazione, nel primo caso, di uno schermo protettivo per la lanterna e, nel secondo caso, di un parafulmine.
Poco tempo dopo l’inaugurazione del faro fu terminata anche la costruzione dell’alloggio per il guardiano che entrò presto in servizio. A quell’epoca Bodie Island era un luogo molto isolato, non c’erano i ponti, come adesso, a collegare le varie isole, la scuola più vicina era sull’isola di Roanoke, raggiungibile solo in barca, e la famiglia del guardiano in carica si trovava a dover superare non poche difficoltà, finché non fu deciso che durante l’inverno la famiglia lasciasse l’isola per un posto più confortevole, per tornare poi durante l’estate. Ma questo significava grande solitudine per il guardiano che doveva affrontare un lungo inverno da solo in quella landa desolata, come succedeva a molti altri suoi colleghi in altri fari. Con il tempo e con la costruzione dei ponti la situazione migliorò, finché, nel 1932, il faro fu elettrificato e non ci fu più la necessità di un guardiano fisso sul posto.
Dal 1939 la Guardia Costiera Americana aveva assunto il controllo di tutti i fari sul territorio e questo era un impegno molto oneroso, non solo in termini di denaro, perché molti fari americani sono costruiti su grandi lotti di terreno, che vanno curati e mantenuti. Nel 1953 tutto il terreno che circonda il faro fu trasferito al National Park Service, che già gestiva il territorio di Capo Hatteras, mentre il faro è rimasto alla Guardia Costiera fino al 13 Luglio 2000, quando anch’esso è stato ceduto al National Park Service.
l faro di Bodie Island fu classificato come “Aiuto alla navigazione” era funzionante, ma chiuso al pubblico. La casa del guardiano, che è di legno a due piani, è stata attrezzata come centro di accoglienza per i visitatori, ufficio del ranger del Parco e ospita anche un piccolo museo dove sono raccolte fotografie e testimonianze della lunga vita e delle traversie di questo faro.
Ma per questo gigante a righe, alto 47 metri, i guai non sono ancora finiti. Mentre la casa del guardiano è stata restaurata già due volte, l’ultima delle quali risale al 1992, il faro versava in brutte condizioni. La rivista americana “Lighthouse Digest”, interamente dedicata ai fari e alle loro storie, pubblica da anni una lista dei fari in pericolo di essere persi per sempre e dai primi mesi del 2000 anche il faro di Bodie Island è apparso su questa lista. Il faro è stato recentemente restaurato all’esterno, con una nuova mano di vernice, e a un primo sguardo risultava in buone condizioni, ma non era così. La lanterna di ferro mostrava chiaramente i segni del tempo, la ruggine stava consumando la ringhiera esterna e le preziose lenti di Fresnel di prima classe rischiavano di crollare all’interno della struttura se non fossero stati effettuati consistenti lavori di riparazione al più presto. Recentemente due grossi pezzi di ghisa sono caduti al suolo dal balcone che circonda la lanterna, obbligando i rangers del parco a chiudere al pubblico la zona circostante al faro. Il National Park Service aveva un piano di ristrutturazione per il 2007, ma se veramente questo piano poteva essere messo in opera, nessuno lo sapeva. E’ un vero peccato che tante strutture antiche e con storie così affascinanti come quelle dei fari debbano andare in rovina, il progresso e la tecnologia avanzano e questi maestosi fari stanno per diventare solo un retaggio del passato.
Ma il miracolo è avvenuto, in questi ultimi anni il faro ha subito una ristrutturazione multimilionaria, dentro e fuori ed è ora aperto al pubblico che può godere dalla sua terrazza una delle più stupefacenti viste sull’oceano.
Io vorrei terminare questo articolo con un piccolo aneddoto, un fatto capitato a me durante la visita al faro nel 2014. Ero con un gruppo di soci della US Lighthouse Society e appena arrivati un Ranger del parco ci ha accolti alla base della scala fornendo alcune notizie sul faro. Io avevo notato due cavi che dall’alto scendevano lungo la torre e entravano in una specie di pozzetto alla base, così ho chiesto al Ranger se si trattava dei due cavi che in passato venivano usati dai guardiani per far ruotare la lanterna. Il Ranger mi ha risposto che non lo sapeva e a quel punto abiamo iniziato la salita. Una volta in cima siamo arrivati alla cupola che era rigorosamenter chiusa, le lenti non erano visibitabili e quando tutti gli altri hanno cominciato a scendere, io mi sono attardata per fare le ultime foto, quando mi sono sentita chiamare dal Ranger che mi ha chiesto se volevo vedere le lenti. Naturalmente ho acconsentito, lui ha tirato fuori una chiave ha aperto una porticina e io mi sono trovata davanti alle più belle lenti di Fresnel di prima classe che avessi mai visto. Una volta fatte le fotografie e ringraziato ancora il Ranger sono scesa anch’io, chiedendomi come mai quel giovane Ranger avesse voluto privilegiare proprio me con quella visita.
di Annamaria “Lilla” Mariotti
Il faro chiamato Old Point Loma, è stato costruito nel 1854, uno dei primi otto fari della costa Ovest degli Stati Uniti, ma la sua luce è stata accesa per la prima volta solo il 15 Novembre 1855. Il ritardo era stato provocato dalla lunga attesa, più di un anno, per l’arrivo dalla Francia delle lenti di Fresnel di terzo ordine, il meglio che a quel tempo offrisse la tecnologia.
Il faro sembrava trovarsi in un’ottima posizione, su un’ltura a 128 metri sul livello del mare, la sua portata era di 25 miglia e da lassù la sua luce poteva spaziare sull’Oceano Pacifico per un lungo tratto. Come modello per la costruzione erano stati presi i fari del New England, sulla costa orientale degli USA, che ricordavano le prime costruzioni erette dai coloni inglesi che riproponevano lo stile della natia Inghilterra. I fari della costa Est venivano innalzati al di sopra di coste rocciose, cosa che si dimostrò quasi subito inadatta per la costa del Pacifico, dove la sua luce era visibile solo in particolari condizioni atmosferiche perché spesso nuvole basse e banchi di nebbia si addensavano sulle alture e ricoprivano il faro rendendolo inservibile. Restò comunque in servizio per 36 anni, fino al 23 Marzo 1891, quando fu disattivato per essere sostituito da un nuovo faro dallo stesso nome costruito ai piedi della collina, vicino al mare.
Old Point Loma è costituito da una casa bianca in arenaria, l’alloggio del guardiano, si cui svettava una torre conica alta 14 metri, in mattoni, sormontata da una lanterna di ferro verniciata in verde. Naturalmente durante gli anni di abbandono, a partire dal 1891, tutta la costruzione è andata in decadimento, ma nel 1913 ci fu una richiesta di poter costruire un monumento all’esploratore e navigatore Spagnolo Juan Rodriguez Cabrillo che il 28 Settembre 1542 era sbarcato nella Baia di San Diego, il primo europeo a mettere piede sulla costa Ovest degli Stati Uniti.
Da quel momento cominciò una nuova vita per il faro, venne istituito il Cabrillo National Monument, che nel 1933 passò sotto la giurisdizione del National Park Service e tutta la zona venne iscritta nel registro delle località storiche.
Il parco aveva il suo fulcro nel faro, che con il tempo è stato accuratamente restaurato, e riportato all’aspetto che aveva al tempo della sua costruzione, erano anche stati recuperati molti dei mobili originali così é diventato un’attrazione turistica e un museo. Nel 1984, la luce è stato riaccesa dal National Park Service per la prima volta dopo 93 anni, in occasione del 130 ° compleanno del sito. Più di 3.000 persone hanno partecipato alla celebrazione, tra cui più di 100 discendenti degli ex guardiani del faro Robert e Maria Israele.
Adesso la lanterna viene accesa ogni sera, anche se la sua luce è notevolmente ridotta per non confondere le navi in arrivo ed è aperta al pubblico una volta all’anno, il 15 Novembre, giorno del suo anniversario. Solo durante la seconda mondiale il faro è stato chiuso : dipinto di verde serviva come punto di segnalazione per le navi della Marina.
Nel frattempo, nel 1891, alla base della collina era stato costruito il nuovo faro che venne chiamato New Point Loma. Questo non è un faro con molta storia, sembra costruito in fretta, più per la funzionalità che per l’estetica, si tratta infatti di una torre in cemento bianca, alta 21 metri, circondata da un traliccio metallico, in cima alla quale si trova un’alta lanterna dipinta di nero. Questo è l’unico faro a traliccio esistente sulla costa occidentale degli Stati Uniti e questo tipo di farti, circondati da un traliccio, hanno in America uno strano nome “spider lighthouse” (faro del ragno raffigurando in quei tralicci la tela di un ragno) . A fianco si trovano le case per il guardiano ed i suoi assistenti, due costruzioni vittoriane a due piani che oggi ospitano la Guardia Costiera e che una volta sono state usate come set per alcune scene del film “Top Gun”.
Nella lanterna avrebbero dovuto essere installate delle lenti di Fresnel ordinate appositamente in Francia a Henri la Paute, che dovevano avere le stesse caratteristiche di quelle del vecchio faro, ma il costruttore era così fiero del suo lavoro che le presentò prima a una mostra a Parigi dove vinse una medaglia d’oro poi, in seguito, furono anche portate alla Fiera di Chicago, dove vinsero un altro premio. A causa di questi ritardi alla fine nel faro vennero installate altre lenti e fu acceso il 23 Marzo 1891, lo stesso giorno in cui veniva spento il vecchio faro di Point Loma.
Il primo guardiano del faro fu Robert Israel che aveva già servito per vent’anni nel vecchio faro, ma che lasciò il servizio dopo appena un anno e venne sostituito da George Brennan, che vi rimase per dieci anni. La lanterna è stata automatizzata nel 1973. Nel febbraio 2013, la luce che era stato in uso dal 1999, è stato sostituita con un apparato LED che riduce i costi del faro, la sua manutenzione ed è più luminoso della luce precedente.
Recentemente il faro è anche stato restaurato e completamente riverniciato
Il faro è funzionante, ma non è aperto al pubblico, si può visitare solo il terreno circostante da dove è facile avvistare le balene grigie che si avvicinano a quel tratto di costa durante la loro migrazione invernale.